Tutta la vita davanti
La famiglia può fare molto per trasferire al figlio con diabete l’autonomia, le conoscenze e l’atteggiamento giusto per convivere tutta la sua vita con una malattia che può essere curata, ma non guarita.
Il diabete di tipo 1 in età pediatrica si ‘cura’ in famiglia. La famiglia intesa in senso ampio (tutte le persone a contatto con il bambino o il ragazzo con diabete) deve avere un ruolo estremamente positivo evitando quelle situazioni di non accettazione della malattia che possono rendere difficile la convivenza futura con il diabete. I genitori hanno quindi una grande responsabilità, ma devono essere informati e preparati non solo dal punto di vista medico, ma anche psicologico ad affrontare situazioni difficili che si possono presentare.
La famiglia riceve dal Centro di Diabetologia le informazioni base per gestire la glicemia del figlio. «Deve poter integrare e condividere con il proprio medico di fiducia aspettative e paure e avere un supporto non solo medico per capire come comportarsi», ricorda il Professor Chiumello che è stato Direttore del Centro Regionale lombardo del diabete di tipo 1. «Il bambino-ragazzo con diabete ha oggi davanti a sé una vita che può essere lunga e sana come quella di molti suoi coetanei (anzi, generalmente ha abitudini alimentari e un amore per l'attività fisica non comune fra i suoi coetanei). Ci sono campioni sportivi, grandi manager e scienziati, decine di migliaia di padri e madri felici e realizzati dopo decenni di vita col diabete. La persona con diabete ha sicuramente delle specificità. Corre dei rischi a breve (il più sentito è una improvvisa ipoglicemia) e a lungo termine (le complicanze). Ha bisogno di essere consapevole di quello che si appresta a fare o sta facendo perché praticamente ogni azione può avere un impatto sulla glicemia».
No alla 'campana di vetro'
La rreazione istintiva dei genitori, specie dopo la diagnosi, è quella di tenere sotto controllo il bambino e dare una eccessiva importanza al mantenimento di un perfetto controllo glicemico. «In realtà i genitori devono imparare a non mettere il figlio 'sotto una campana di vetro', ma a delegargli gradualmente le decisioni, a dargli libertà e autonomia, tenendo presente che il loro obiettivo è di lunghissimo termine. È necessario costruire le basi affinché sia in grado di alimentarsi correttamente, fare i controlli, fare un'attività fisica quotidiana e regolare e stabilire le dosi giuste di insulina in tutta quella che sarà la sua lunga vita» continua il professor Giuseppe Chiumello.
Il diabete di tipo 1 non insorge a seguito di errori nell'alimentazione della madre o del figlio, non è legato al diabete di tipo 2 che può essere presente nei nonni o in altri anziani della famiglia. Nel 96% dei casi appare in famiglie dove non si è mai visto un caso di diabete in età giovanile.
Un check-up della famiglia
Il diabete di tipo 1 è dovuto a una 'svista' del sistema immunitario che considera le cellule del pancreas come corpi estranei e tende ad eliminarle. La tendenza a compiere queste 'sviste' è un tratto genetico. È quindi possibile che il figlio con diabete, i suoi fratelli (e magari anche genitori e zii) abbiano o possano sviluppare delle altre patologie immunitarie: celiachia e tiroidite in primo luogo, ma non solo. Si impone per i figli ed è consigliabile per gli altri componenti del nucleo famigliare, un calendario di controlli per verificare la presenza di queste patologie. Sui fratelli di un paziente con diabete si possono eseguire controlli che possono valutare (con una certa variabilità) la probabilità di sviluppare il diabete di tipo 1 per poi eventualmente inserirli in uno dei tanti studi di prevenzione in corso.